
14 Jul 2017 Cosa resta della solidarietà europea?
Articolo 2, Il Trattato di Lisbona
L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
Il Trattato di Lisbona è stato firmato dai capi di stato e di governo di 27 Paesi Membri dell’UE nel 2007 ed è entrato in vigore dopo la ratifica 2 anni dopo.
L’obiettivo principale era dare maggior coerenza e uniformità al fine di armonizzare l’intero sistema europeo.
Il termine solidarietà è stato usato in vari contesti e con diversi significati.
Tuttavia, implica sia il diritto che il dovere di condividere vantaggi e svantaggi, pro e contro fra tutti i Paesi Membri europei.
Mira a superare le frontiere nazionali – siano esse economiche, culturali, geografiche o emotive- per ottenere una più profonda coesione.
All’epoca l’Europa aveva affrontato due conflitti mondiali ed era un accumulo di macerie. Mentre i fantasmi del conflitto continuavano ad essere presenti, l’Europa era impegnata a risollevarsi dalle ceneri e i politici europei ritennero fondamentale porre solide fondamenta per il futuro sulla base di valori e principi condivisi.
Fra questi la solidarietà era fondamentale.
Nel 1950 Schuman, nella sua celebre Dichiarazione, affermava “L’Europa non verrà fatta da un giorno all’altro o secondo un unico piano. Verrà costruita attraverso risultati concreti che creino innanzitutto una solidarietà de facto”.
Schuman era ben consapevole che il processo di costruzione dell’Unione Europea sarebbe stato lungo e complicato e doveva iniziare necessariamente a livello economico: gli Stati Membri europei si impegnavano per la ripresa delle economie post-belliche. Ma ben presto sono stati coinvolti nuovi settori.
L’Unione europea è stata creata per salvaguardare una pace duratura e i diritti umani. Dopo aver vissuto gli orrori dell’Olocausto, valori quali uguaglianza, unità, libertà e coesione hanno guidato i Padri Fondatori.
Ma cosa resta di quelle nobili aspirazioni e della sete di giustizia sociale?
Cosa resta del nostro sogno di pace duratura dentro e fuori l’Europa?
Uno sbiadito ricordo dei nostri nobili valori.
L’ambizioso sogno europeo è diventato un semplice retaggio del passato.
I flussi migratori hanno peggiorato il quadro generale.
Migranti e rifugiati hanno messo a rischio la stabilità europea, già indebolita da recessione e rallentamento economico.
Dopo aver vissuto la parte migliore del sogno europeo e della sua libertà, i giovani hanno finito per diventare le principali vittime della recessione economica e hanno così sviluppato una distanza emotiva dal progetto europeo.
Il risultato è davanti i nostri occhi.
I Paesi Membri serrano i propri confini in risposta ai flussi migratori.
Rifugiati e migranti sono diventati vittime di violenza e odio razziale.
Inoltre, vengono spesso trattati da criminali e segregati in aree isolate con scarso accesso ai servizi di base.
L’Europa non è mai stata così frammentata e rischia di crollare sotto il peso delle attuali sfide poste dai flussi migratori. Nel frattempo, la solidarietà verso i rifugiati è divenuta una sorta di crimine.
Solo recuperando i suoi principi e valori fondanti l’Europa può sopravvivere.
Solo guardando alle nostre radici ed aspirazioni condivise possiamo superare divisioni ed egoismi nazionali.
Solo concentrandoci sulle persone invece che sulle statistiche o i numeri possiamo costruire una nuova UE e instaurare una pace duratura fra i popoli, garantendo dignità, equità e giustizia per chiunque viva sul suo territorio a prescindere dal paese di origine.
Purtroppo, nemmeno l’ultimo meeting informale tenutosi a Tallinn fra i Ministri degli Interni dei 28 Paesi Membri ha prodotto effettivi positivi per rilanciare la solidarietà europea.
Come dichiarato l’anno scorso dal Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, i confini nazionali sono “la peggiore invenzione della storia”, e questo vale sia per i confini fisici che emotivi.
Regina Catrambone
Co-fondatrice e Direttrice MOAS