La Repubblica https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2021/09/19/news/migranti-318477623/

Il prossimo 26 settembre la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, una ricorrenza che segna l’ultima domenica del mese di settembre nel calendario cattolico a partire dal 1914, anno in cui venne istituita. Quest’anno il titolo scelto da Papa Francesco è “Verso un noi sempre più grande”.

Il Santo Padre pone al centro dell’attenzione una questione non esclusivamente semantica ma un richiamo rivolto a tutti noi per una presa di coscienza sul nostro modo di concepire chi ci sta attorno. Troppo spesso abusiamo della logica del “noi” e del “loro”, dove nel primo gruppo includiamo una cerchia ristretta di persone o delle persone con cui pensiamo di avere delle affinità in comune, relegando tutti gli altri, coloro i quali consideriamo lontani, diversi in un “loro”.

Così facendo creiamo un confine che ci separa dagli altri, una barriera insormontabile. È molto semplice includere nella sfera del “loro” le persone migranti e i rifugiati che bussano disperatamente alla nostra porta cercando una vita migliore o che troppo spesso muoiono annegati in mare, durante le pericolose rotte del deserto o negli impervi tragitti di terra.

“Loro”, in quanto appartenenti a un un’unica famiglia, che è quella del genere umano, non sono l’ “altro”, ma sono “noi”.

 Il “loro” non esiste sul pianeta terra. Siamo “noi”, tutti insieme, a stare sprofondando nel baratro della disumanità, dell’indifferenza e dell’insensibilità.

Come ribadito dal Santo Padre nel messaggio che ha preparato in occasione di questa ricorrenza “siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità. Per questo colgo l’occasione di questa Giornata per lanciare un duplice appello a camminare insieme verso a un noi sempre più grande, rivolgendomi anzitutto ai fedeli cattolici e poi a tutti gli uomini e le donne del mondo”.

La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dovrebbe spingere tutti i cristiani ad affrontare le questioni poste dai flussi migratori come una sfida per mettere in pratica e testimoniare i valori della carità e della misericordia, dell’impegno verso chi è meno fortunato, verso chi ha bisogno della nostra mano. Un momento di scambio empatico che arricchirebbe tutti.

Come affermato dal Papa “è l’ideale della nuova Gerusalemme, dove tutti i popoli si

ritrovano uniti, in pace e concordia, celebrando la bontà di Dio e le meraviglie del creato.

Ma per raggiungere questo ideale dobbiamo impegnarci tutti per abbattere i muri che ci separano e costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi. In questa prospettiva, le migrazioni contemporanee ci offrono l’opportunità di superare le nostre paure per lasciarci arricchire dalla diversità del dono di ciascuno. Allora, se lo vogliamo, possiamo trasformare le frontiere in luoghi privilegiati di incontro, dove può fiorire il miracolo di un noi sempre più grande”.

Un noi che non contempla le chiusure, un noi che include, che abbraccia, che considera nostro fratello chi fugge dalle disastrose condizioni che vengono perpetrate in alcuni Stati del continente africano e mediorientale travolti dalle guerre spostandosi verso l’Europa, chi cerca di raggiungere gli Stati Uniti d’America dalle regioni più a sud, chi fugge dalle terre asiatiche travolte dalla violenza, come il Myanmar o come il dramma che negli ultimi mesi affligge l’Afghanistan.

Esseri umani che, per situazioni politiche, sociali e climatiche, vivono in una condizione di disagio, sofferenza, violenza e marginalità, e che cercano di vivere in un posto migliore.

Noi tutti abbiamo la responsabilità di prenderci cura l’uno dell’altro in nome della nostra umanità.