Durante gli incontri svoltisi in Germania in occasione della manifestazione Strade di Pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, sono stati molti i temi affrontati. Avevo già parlato qui del panel cui avevo partecipato, ma anche da spettatrice sono stati tanti gli spunti di riflessione che ho portato con me.

Fra questi, uno dei principali riguarda un tema particolarmente caro: i giovani. Come rappresentante MOAS, ho partecipato spesso a incontri organizzati da scuole, università o associazioni di giovani curiosi di conoscere meglio una realtà spesso affrontata tramite stereotipi o luoghi comuni: la migrazione.

Sono rimasta colpita dalle parole del Vice-Ministro degli Affari Esteri, Mario Giro, che nella sua analisi sulla situazione dell’Africa e del mondo in generale ha ripercorso alcune tappe storiche cruciali per capire il tempo in cui viviamo. Ma al di là di questo, la sua riflessione sui giovani è davvero importante soprattutto perché oltrepassa le differenze fra i “nostri” e gli “altri”. Nella crisi dei giovani possiamo immedesimarci tutti ed è un fenomeno che, nonostante le evidenti discrepanze, ci accomuna in ogni luogo.

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Di fondo, infatti, c’è una profonda ed allarmante crisi di valori.

Da un lato, troviamo giovani che vivono in aree poverissime o devastate da interminabili guerre che rendono la pace una chimera lontana, dall’altro abbiamo i giovani nati nelle parti più agiate del pianeta vittime anch’essi di precarietà ed incertezza.

Pensiamo ai molti giovani siriani che hanno lasciato affetti, carriere universitarie o di lavoro, sicurezze per avventurarsi in un viaggio che li avrebbe fatti sentire indesiderati, perfino reietti, mettendo a repentaglio la loro vita già scampata per miracolo alle bombe. Pensiamo ai Rohingya, da sempre stranieri anche nel paese dove vivono e costretti a fuggire in condizioni disumane per sfuggire a violenze ed abusi. O ancora alle migliaia di giovani sub-sahariani che attraversano deserti e ostacoli insormontabili custodendo nel cuore un sogno di riscatto in Europa, la patria dei diritti. Immaginiamo la loro delusione nel constatare che il loro calvario potrebbe non finire mai: chi sopravvive a torture e abusi, chi arriva a toccare terra sano e salvo dovrà confrontarsi con lunghe trafile e precari processi di integrazione che lasciano spesso smarriti e privi di speranza. Generazioni di ragazzi e ragazze già segnati dalla durezza della vita nei loro paesi di origine non trovano mai un luogo che li accolga e incoraggi il loro sviluppo: quanto talento sprecato!

Dall’altro lato, ci sono i nostri figli nati in una parte più fortunata del mondo. Anche loro sono spesso costretti a lasciare il luogo di origine per avere migliori chance di carriera che spesso non si rivelano solide come sperato. E quindi in quello smarrimento privo di valori certi e al netto delle ovvie differenze, non possiamo forse cogliere lo stesso smarrimento vissuto da molti migranti? Sicuramente sono minori i rischi e decisamente migliori le condizioni in cui vivono i nostri figli, ma andando oltre ciò che divide e guardando agli elementi comuni, possiamo trovare la stessa precarietà, le stesse incertezze in un mondo che ama sempre meno le sue creature. E così i giovani di tutto il pianeta finiscono per sentirsi esclusi, inutili e si abbandonano a valori effimeri e pericolosi.

Come ha ricordato Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo “Solo uniti possiamo dare risposte concrete ai cittadini e difendere la pace. L’Europa deve andare avanti e continuare a vivere il sogno dei Padri fondatori”.

La nave MOAS, Phoenix, riposizionata nel Sud-Est Asiatico per supportare la nostra nuova missione e assistere i Rohingya in Bangladesh presentata proprio in occasione di Strade di Pace in Germania