Domenica 21 Agosto, prima che MOAS annunciasse la fine della sua missione nel Mediterraneo, la Phoenix su istruzione dell’MRCC di Roma ha effettuato il trasferimento a bordo di 26 persone precedentemente salvate da una imbarcazione di supporto offshore (OSV) dove sono rimaste per circa un’ora. Nel gruppo non c’erano bambini e i presenti parlavano tutti francese. Fra loro c’erano due donne, Fatimata di 27 anni e Salima di 18. Entrambe sono originarie della Guinea Conakry e si sono incontrate durante il terribile viaggio che le ha portate in Libia e poi in mare, prima di essere assistite e trasferite a bordo della nave MOAS.

Come per ogni salvataggio o trasbordo, la priorità è che siano tutti in sicurezza e che le urgenze mediche vengano rapidamente assistite. Gli ospiti che accogliamo sulla Phoenix sono sempre più provati dal viaggio che devono affrontare e dai soprusi inflitti durante la permanenza nei centri di detenzione libici. Qui fra condizioni igienico-sanitarie disastrose e indicibili violenze, spesso di natura sessuale soprattutto a danno delle donne, attendono il loro turno di tentare la sorte nelle mani degli scafisti che li spingono in mare senza nessuna preoccupazione affinché arrivino a destinazione.

Adesso che la situazione appare sempre più instabile sul fronte libico, le persone che migrano in cerca di una vita migliore continuano a essere le vittime di questa situazione. La loro vulnerabilità sembra non terminare mai: prima il deserto dove nessuno sa quante vite si siano spente, poi la Libia con la sua costellazione di abusi e mercati degli schiavi, infine il mare dove le realtà rimaste per prestare soccorso devono affrontare uno scenario in continuo mutamento.

Ma, fra le tante notizie drammatiche di questo mese di Agosto, c’è una storia che vale la pena raccontare perché è un simbolo di speranza e fiducia nell’umanità.

Fatimata e Salima hanno lasciato il loro paese alla ricerca di un futuro migliore e durante il viaggio hanno fatto amicizia, tanto che Salima considera Fatimata come una sorella maggiore. La loro storia è un raggio di luce nel buio del dilagante egoismo, una testimonianza di tenerezza che emerge dalle violenze riportate quotidianamente. La loro storia è la prova che, anche nelle condizioni più difficili e disumane, è proprio la nostra umanità condivisa a salvarci, la nostra capacità di fidarci dell’altro con cuore puro ed immacolato, conservando uno sguardo fraterno sul mondo.

MOAS Copyright/2017

La storia di Fatimata e Salima ha commosso tutto l’equipaggio a bordo della Phoenix per la semplice forza della sua spontaneità: i loro sorrisi e il racconto di quell’amicizia che è stata di reciproco conforto nei momenti più bui sono la prova che questo mondo ha bisogno di riscoprire la tenerezza.

Da Gennaio a Luglio 2017 sono 8.631 le persone giunte in Italia via mare dalla Guinea, circa 2.300 in più rispetto allo stesso periodo del 2016, nonostante l’impegno dell’OIM ad aiutare chi si trova intrappolato in Libia e vuole rientrare a casa. A Maggio l’OIM ha effettuato il rimpatrio volontario dalla Libia di 165 migranti irregolari, fra cui 13 donne, 5 minori non accompagnati, un bambino in tenera età e una persona che necessitava urgenti cure mediche.  Ad inizio Agosto, invece, sono state 132 le persone che, dopo aver fatto richiesta all’OIM ed essere state intervistate dal suo staff per comprendere background e condizioni di vita in Libia, sono rientrate in Guinea. In questo modo, non hanno dovuto sopportare ulteriori abusi  né affrontare un viaggio a bordo di imbarcazioni fatiscenti. Un report dello scorso maggio realizzato dall’UNHCR in merito alla situazione dei minori non accompagnati o separati dalla famiglia che vivono in Italia e provengono dalla Guinea ha riportato, fra l’altro, i cinque principali fattori che spingono alla migrazione: persecuzioni di natura politica o religiosa; mancanza di opportunità economiche; violenza diffusa; limitato accesso all’istruzione; carenza di accesso ai servizi di base.

Ho scelto di raccontare la loro storia di amicizia perché è un valore spesso sottovaluto, ma fondamentale per chi affronta i tanti orrori di questi viaggi della speranza e perché restituisce speranza e coraggio.

Come il primo fiore di primavera che sboccia dopo un lungo inverno.