Il 5 gennaio 2017 mio marito Christopher ed io siamo stati invitati dall’Arcivescovo Rainer Maria Cardinale Woelki presso il Duomo di Colonia per partecipare alle celebrazioni in occasione dell’Epifania. Questa occasione ci ha permesso di presentare MOAS, una ONG internazionale creata al fine di ridurre le morti in mare, e di consegnare al Cardinale Woelki la bandiera di San Pietro e Paolo che non era mai stata tolta dalla nostra prima imbarcazione Phoenix. La bandiera, che ai lati della corona papale ha una chiave dorata e una argentata incrociate fra loro, è il simbolo dell’amicizia e del ponte creato fra il Mar Mediterraneo e la città di Colonia, i cui abitanti con le loro donazioni hanno contribuito a rendere possibili i salvataggi in mare.

Essere circondati dall’affetto e dal calore della comunità di fedeli raccolta nel Duomo ha rappresentato per me e mio marito un dono ineguagliabile che, ancora una volta, ha rafforzato la nostra motivazione e il nostro impegno per salvare chi scappa in cerca di un futuro migliore.

MOAS è stato concepito come risposta al richiamo del Santo Padre che nel 2013 ammoniva: “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Non possiamo vivere dentro bolle di sapone, belle ma prive di significato”.

E allora abbiamo ascoltato il suo appello ad agire.

MOAS ha cambiato la vita della mia famiglia e del nostro team sotto molti punti di vista. Non è stato un cammino semplice. A parte il grande sostegno e il riconoscimento ottenuto da ogni parte del mondo, ci siamo anche esposti a critiche e odio che però impallidiscono a fronte delle vite che riusciamo a salvare.

A partire dalla nostra prima missione nell’Agosto 2014 fino all’ultima nel Novembre 2016 MOAS ha salvato 33.000 persone con oltre 130 eventi SAR.

Ma non è abbastanza. Gli ultimi dati -stando al 28/12/2016- rilasciati dall‘Organizzazione Internazionale per le Migrazioni affermano che nella traversata del Mediterraneo 5000 persone hanno perso la vita nel 2016, ma si tratta di una stima perché di fatto non sappiamo quante persone siano morte in mare.

Rischiamo di diventare tutti insensibili all’attuale catastrofe umanitaria.

Questa crisi umanitaria ci riguarda tutti.

Se non investiamo nella creazione di vie legali per chiedere l’asilo politico, i trafficanti continueranno le loro attività, mentre le migrazioni di massa fuori controllo mineranno la nostra coesione a livello europeo aumentando le nostre paure.

L’Europa deve smettere di guardare chi fugge dalla guerra come un problema e concentrarsi sulla sua capacità di migliorare la comunità globale di cui facciamo parte.

Costruire muri o recinti di filo spinato non risolverà in alcun modo questa crisi umanitaria.

Come fondatori di MOAS, mio marito Christopher ed io crediamo fermamente nei corridoi umanitari perché è arrivato il momento di aprire dei percorsi legali e sicuri che consentano ai gruppi di persone più vulnerabili di giungere in Europa in sicurezza.

I corridoi umanitari non solo ci consentiranno di osservare gli obblighi del Diritto Internazionale, ma saranno anche il primo passo per distruggere le reti dei trafficanti, per evitare morti in mare e sostenere una politica di ricollocamento efficace a livello europeo.

Lo scorso dicembre si è concluso il Giubileo della Misericordia e Papa Francesco ha celebrato la Chiusura della Porta Santa presso la Basilica di San Pietro. Durante la cerimonia ha invitato tutti a far sì che la porta della misericordia nel nostro cuore rimanga aperta per ascoltare la voce dei poveri e proteggere i bisognosi.

La misericordia è un dono prezioso che ci aiuterebbe ad accogliere i nostri fratelli e le nostre sorelle in fuga alla ricerca di una vita migliore.

La misericordia – insieme all’empatia- ci aiutano a valicare le barriere mentali ed emotive.

L’empatia ci conduce in un luogo senza frontiere perché spalanca una finestra sull’universale esperienza umana.

Quando il cinismo della politica si rivela incapace di trovare soluzioni efficaci, lo spirito imprenditoriale deve mettersi in gioco.

Non possiamo star fermi a guardare e aspettare che governi e legislatori trovino una soluzione.

In questo emozionante incontro nel Duomo di Colonia ho voluto raccontare una storia che mi sta particolarmente a cuore e restituisce perfettamente il senso del ponte creato con la Germania: la storia di Noura e della sua famiglia.

Noura è una ragazza siriana di 27 anni che lavorava come insegnante di inglese a Damasco, ma a causa della guerra civile in corso è stata costretta a scappare coi genitori, il fratello e la cognata.

Noura è stata salvata nell’Egeo dall’equipaggio MOAS il 15 gennaio 2016 e ora risiede a  Saarbrücken dove può vivere al sicuro.

Siamo andati a trovare Noura nella sua nuova casa dove ci ha spiegato cosa l’abbia spinta a lasciare la Siria e ci ha raccontato il terribile viaggio che ha dovuto affrontare insieme alla sua vita in Germania.

Qui trovate il video di NOURA.