Dal 29 Marzo al 2 Aprile 2017 si è svolta la quinta edizione della Biennale di Democrazia a Torino col titolo Uscite d’Emergenza. E in chiusura, il 2 Aprile, ho avuto il piacere di partecipare a una discussione sul cruciale tema delle migrazioni attualmente in corso dal titolo “In mezzo al mare. L’Odissea dei Migranti”.

Ferruccio PastoreDirettore di FIERI (Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione) ha moderato la discussione fra me e Gabriele Del Grande -blogger che ha creato Fortress Europe.

Ferruccio Pastore ha presentato una serie di slide che con grafici e statistiche hanno aiutato il pubblico presente ad inquadrare meglio il fenomeno migratorio e ha dedicato speciale attenzione alla drammatica questione dei minori non accompagnati, la cui presenza sulle coste italiane è in costante aumento.

Per iniziare il mio intervento ho invitato tutti a “salire a bordo” della nave MOAS Phoenix cercando di far comprendere cosa vogliano dire quei numeri di cui si era appena parlato. La proiezione del video MOAS in cui a grandi linee se ne spiega genesi, missione e risultati raggiunti ha suscitato grande emozione e ha fornito uno scorcio  sulle attività a bordo.

MOAS è nato come la reazione di una famiglia che voleva aiutare altre famiglie che fuggivano da guerre, violenze e disumane privazioni. E non ero lì a nome mio, ma per rappresentare i salvati e i salvatori e coloro che perdono la vita in mare. Ero lì anche per ringraziare i nostri sostenitori che ogni giorno rendono possibile la nostra missione di salvare vite in mare.

Sulla base del suo principio guida “Nessuno merita di morire in mare”, MOAS ha salvato oltre 33.000 persone fino a Dicembre 2016  e molte altre spera di assisterne con la missione appena partita lo scorso 1′ Aprile.

Nonostante la grande soddisfazione per questo risultato, sappiamo perfettamente che si tratta di attività per far fronte a una situazione di emergenza e non di soluzioni a lungo termine che vanno trovate al più presto.

Inoltre, benché siano trascorsi ormai 3 anni dalla fondazione di MOAS e il fenomeno migratorio sia tutt’altro che una novità, continuiamo a gestirlo secondo una pericolosa logica emergenziale che non contiene alcun approccio solido con una prospettiva a lungo termine, senza contare che le condizioni in Libia, principale snodo dei trafficanti da cui partono le imbarcazioni, sono esponenzialmente peggiorate.

Una domanda cruciale fatta da Ferruccio Pastore interrogava proprio sul perché ci sia un peggioramento a tutto campo sul fronte migratorio: più morti in mare, più violazioni dei diritti umani in Libia, più caos nei centri di accoglienza e più traumi psicofisici in chi arriva.

Personalmente sono convinta che un errore enorme consista nel continuare a concentraci solo sulla fase finale del viaggio, quella in mare, e l’eventuale approdo a un porto sicuro per i più fortunati. Continuiamo a voler ignorare le fasi precedenti che non sono meno dolorose: in moltissimi perdono, infatti, la vita nel deserto o per gli stenti e le violenze a cui questo letale viaggio li espone.

 

© MOAS

Gabriele Del Grande ha focalizzato l’attenzione sulla responsabilità dei paesi europei che respingono le regolari richieste di asilo o protezione umanitaria pervenute tramite i canali diplomatici ufficiali. Se si confrontano i dati delle domande respinte con gli sbarchi sulle nostre coste, si noterà una preoccupante corrispondenza fra le nazionalità respinte e quelle che ricorrono ai trafficanti rischiando la vita in mare “Siamo gli stessi che hanno chiuso loro la porta delle ambasciate negando la concessione di un visto”, ha concluso invitando tutti a non considerare la situazione attuale come immutabile, ma a fare tutto il possibile per migliorarla.

Un’altra domanda posta riguardava il futuro della Libia e la possibilità di un equilibrio al suo interno. Di mio spero in una stabilizzazione del paese e nella creazione di condizioni democratiche per l’esercizio del potere. L’attuale instabilità rende impossibile ogni azione o piano a lungo termine e vanifica ogni tentativo di gestire in modo razionale i flussi migratori provenienti da questo paese. Tuttavia, le difficoltà in questo ambito non possono diventare un alibi per non agire e lasciar morire le persone in mare. Mentre io parlavo mio marito e l’equipaggio MOAS a bordo della Phoenix -salpata il 1′ Aprile- si dirigevano verso l’area SAR.

Alla fine della discussione è stato dedicato uno spazio agli interventi del pubblico e sono rimasta colpita dalle parole di una donna che raccontava la propria esperienza con un ragazzo gambiano di cui si è presa cura personalmente, ma che adesso ha ricevuto parere negativo rispetto alla richiesta del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Una sconfitta per lei che si è messa in gioco in prima linea per contribuire ad alleviare la sofferenza del ragazzo, ma anche per tutti noi impegnati a dare un contributo salvando vite in mare e non solo. Un caso del genere si sarebbe potuto evitare attuando politiche di sponsorship come testate dal governo canadese.

Non esistono soluzioni semplici a un problema così complesso, ma credo fermamente nella mobilitazione della società civile che mette a disposizione i propri talenti per far fronte a una sfida così grande. Inoltre non dovremmo mai marginalizzare chi arriva sulle nostre coste dopo questi viaggi della speranza, non dovremmo mai renderli dei fantasmi ma guardarli come risorse da integrare e  valorizzare. Non sottovalutiamo mai la forza umana di un sorriso, di un abbraccio e di una parola di conforto offerti gratuitamente in qualunque occasione.

Qui potete trovare un link della Biennale di Democrazia sull’evento di cui si parla nel post