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Il 18 dicembre celebriamo la Giornata Mondiale dei Migranti proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione 55/93. La scelta della giornata fa riferimento al 18 dicembre 1990, giorno in cui l’Assemblea Generale ha approvato la Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

Come continua ad avvenire e come avvenuto la scorsa settimana in Messico, nel 1972 un camion adibito al trasporto di macchine da cucire, in viaggio dall’Italia alla Francia, viene coinvolto in un incidente sotto il tunnel del Monte Bianco. Ma all’interno del camion, in realtà, viaggiavano stipati e nascosti 28 lavoratori africani originari del Mali dei quali non restò in vita alcun superstite. Una tragedia dettata dalla ricerca di una vita e di un lavoro migliore, resa difficile dall’impossibilità di spostarsi legalmente.

La vicenda generò un certo clamore mediatico e le Nazioni Unite e il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), adottarono una risoluzione nella quale chiesero alla Commissione sui diritti umani di affrontare il problema dei lavoratori migranti. Soltanto nel 1990 si giungerà alla Convenzione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie ma bisognerà aspettare il 2003 per l’entrata in vigore con il raggiungimento del numero minimo a seguito della ratifica del Guatemala. La Convenzione oggi conta soltanto 56 firmatari su 195 Paesi del mondo, e si tratta in gran parte dei Paesi di origine dei flussi migratori.

Purtroppo i Paesi dell’Europa occidentale e del Nordamerica, l’Australia, i Paesi arabi del Golfo Persico, l’India e il Sud Africa, non l’hanno ancora firmata.

Una mancanza molto grave in considerazione del fatto che la Convenzione non è dedicata a introdurre “nuovi diritti” esclusivi per le persone migranti, ma ha come obiettivo quello di assicurare ai lavoratori migranti la parità di trattamento e le stesse condizioni di lavoro dei cittadini dello Stato aderente alla Convenzione. Un livello minimo di protezione che unisce il rispetto dei diritti umani fondamentali e dei diritti dei lavoratori migranti.

Una parte della Convenzione è, inoltre, dedicata alla lotta della tratta dei lavoratori clandestini, facendo riferimento anche alle false informazioni che inducono le persone a partire dal proprio paese in maniera illegale e alle sanzioni per combattere i trafficanti e i datori di lavoro che impiegano illegalmente i lavoratori migranti.

In Italia, Paese che non ha firmato tale Convenzione, così come quasi tutti gli Stati europei e occidentali, lo sfruttamento dei lavoratori migranti e i fenomeni di caporalato sono diffusi e in continua crescita, nei campi agricoli del sud, così come nei cantieri e in alcune industrie del nord. La condizione di bisogno e di svantaggio in cui si trovano le persone migranti e la mancanza di severi controlli sul mercato del lavoro, costringe queste persone a subire trattamenti non dignitosi e turni massacranti per paghe ben al di sotto della soglia minima. Uomini e donne sottoposti a regimi di semi schiavitù, vessati fisicamente e psicologicamente dai loro datori di lavoro.

Eppure il contributo lavorativo delle persone migranti è ormai indispensabile e, a causa del calo della natalità, lo sarà sempre di più nei prossimi anni. Non possiamo immaginare di relegare la conduzione delle nostre attività e la cura dei nostri familiari a lavoratori che non hanno garantito alcun diritto e non possiamo permetterci di adottare atteggiamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori migranti. Per questa ragione, oggi più che mai, è necessario che tutti gli Stati occidentali adottino i principi e le garanzie introdotte dalla Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie riconoscendo la parità del trattamento di ogni lavoratore e l’importanza della ricchezza culturale di cui le persone migranti, con il proprio bagaglio di competenze e conoscenze, sono portatori.