Un anno fa, MOAS ha aperto la prima Aid Station a Shamlapur, un villaggio di pescatori a Cox’s Bazar, dove arrivavano i Rohingya in seguito a viaggi pericolosi via mare dal Myanmar. Shamlapur è stata investita dall’esodo senza precedenti che ha portato circa 700.000 Rohingya a cercare riparo in Bangladesh nell’arco di pochi mesi. Inoltre, gli arrivi dei Rohingya non sono mai veramente finiti e fra gennaio e agosto 2018 ne sono stati registrati almeno 13.000. Questo, fra l’altro, non era il primo esodo della storia recente, ma sicuramente è stato il più imponente e le sue conseguenze sono devastanti, seppur difficili da prevedere per intero.

Il nostro lavoro ha avuto un impatto enorme sul campo e ha ricompensato l’impegno e l’energia per salvare vite umane. Il team MOAS èarrivato in Bangladesh a inizio settembre 2017, distribuendo aiuti alimentari e umanitari e lavorando incessantemente per costruire i centri MOAS per l’assistenza medica primaria. La seconda Aid Station ha aperto a metànovembre a Unchiprang.

Un anno dopo, i team medici MOAS in Bangladesh sono riusciti a curare oltre 80.000 pazienti mantenendo una media di 7000 visite al mese, che ha toccato l’apice lo scorso novembre 2017. Le principali patologie riportate sono state l’ulcera peptica, malattie e disturbi respiratori e diarrea acuta. Se consideriamo il sesso dei nostri pazienti, fra gli adulti il 63% sono donne, mentre fra i bambini c’è parità fra i sessi. I bambini corrono enormi rischi in campi e insediamenti poco sicuri e sovraffollati: innanzitutto sono esposti al pericolo del lavoro infantile, alla tratta e ai rapimenti, senza contare marginalizzazione, isolamento, mancanza di istruzione e opportunità di training quando diventano adulti.

Rohingya mothers waiting to receive assistance at one of our MOAS Aid Stations

Stando alla Mid Term Review del Joint Response Plan, 10.900 bambini sono in pericolo e fra loro 6.013 sono minori non accompagnati o separati, che potrebbero aver perso la famiglia in situazioni tragiche o durante il viaggio per il Bangladesh. Sono proprio i bambini a costituire circa la metàdei nostri pazienti (44% alla fine di luglio) e fra loro il 53% hanno fra 2 e 17 anni. Ma ci sono anche buone notizie per la salute dei bambini. Stando al report sopracitato, “Le vaccinazioni hanno avuto una copertura dell’89% mentre si sta lavorando per vaccinare regolarmente tutti i bambini” e si sono avuti risultati positivi anche per quanto riguarda la malnutrizione, dal momento che la maggior parte dei bambini curati si èripresa. MOAS ha messo volontariamente a disposizione i propri team medici durante due tornate di vaccinazioni in collaborazione con OMS e governo bengalese.

Quando sono stata in Bangladesh, mi sono unita ai team MOAS dentro e fuori le Aid Station, ho visitato alcune famiglie e incontrato madri rimaste sole e sopravvissute a stupri, che in alcuni casi avevano visto uccidere dei familiari davanti ai propri occhi. Ho potuto parlare con delle donne i cui figli o mariti erano stati brutalmente uccisi, ma che ancora lottano per restituire un futuro degno al resto della famiglia. Ho ascoltato le storie di giovani ragazze stuprate dai militari birmani, che hanno affrontato da sole il viaggio per il Bangladesh. Per questo, temo le conseguenze di una situazione cosìdisperata e la gravissima mancanza di fondi per coprire le spese. Un anno dopo l’apertura della prima MOAS Aid Station a Shamlapur, sono felice che abbiamo deciso di mantenere viva la speranza per una minoranza storicamente perseguitata, divenuta bersaglio di indicibili violenze. Sono orgogliosa che i nostri centri medici abbiano garantito cure essenziali e medicine per bambini, donne e uomini che a volte non avevano mai visto un dottore in vita loro.

Attualmente in Bangladesh ci sono soltanto 33 centri per l’assistenza medica primaria come le nostre Aid Station e ciascuno di essi ha un ruolo fondamentale per i Rohingya e le comunità locali che li ospitano, le cui risorse sono state messe a dura prova dall’accoglienza di un numero così elevato di persone in condizioni disperate. Le conseguenze nel lungo periodo sono difficili da prevedere interamente, ma facili da immaginare: aumenterà il numero delle partenze dal Bangladesh. Un report dell’OIM relativo a luglio-agosto ha documentato quanto segue: “i migranti provenienti dal Bangladesh sono stati i piùnumerosi fra chi arrivava dall’Asia e il Medio Oriente (23.126 persone che rappresentano fino al 61% del totale in provenienza da Asia e Medio Oriente)”.

Per quanto ancora vogliamo ignorare il fatto che la migrazione è un tema globale?

Non mi preoccupa il presente, mi preoccupa il futuro. Mi preoccupa il fatto che intere generazioni di bambini non avranno un futuro, ma potrebbero essere condannate a una vita di mera sopravvivenza e sfruttamento, che giovani donne si trovino intrappolate in matrimoni e gravidanze precoci, che molte comunitànon avranno un vero sviluppo.

La migrazione è un dato reale e necessita soluzioni reali ed efficaci, oltre ad una visione di lungo periodo che superi il principio di prossimità che usiamo attualmente in questo ambito.